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Cronaca

Femminicidio Roveredo

Gli inquirenti che indagano sul femminicidio di Roveredo in piano non nascondono profondi dubbi sulla ricostruzione data da Giuseppe Forciniti, anche perché l’ammissione di aver colpito una sola volta al collo la moglie Aurelia Laurenti non collide con le prime risultanze del medico legale, che ha accertato almeno 8 fendenti, quasi tutti profondi, alla testa e al volto della vittima. Nelle prossime ore sarà disposta una perizia anche sull’omicida, che quando si è presentato in Questura a Pordenone – denunciando un primo momento di essere rimasto vittima di una rapina in casa – aveva ancora le mani insanguinate e presentava delle ferite da taglio alle mani. Gli inquirenti hanno poi acquisito le dichiarazioni dell’uomo, infermiere professionale, laureato in Scienze infermieristiche all’Università di Reggio Calabria, che ha lavorato dapprima in una casa di riposo di Pordenone e quindi nell’ospedale cittadino . “Sto vivendo mesi molto duri, lavorando sotto stress nei reparti ospedalieri dedicati ai pazienti Covid -ha detto Giuseppe Forciniti agli investigatori.”La situazione nelle ultime settimane è degenerata ero esasperato. Ieri sera in camera c’è stata l’ennesima lite e tutto è trasceso”. “Abbiamo chiesto la convalida dell’arresto per omicidio pluriaggravato nei confronti del soggetto che ha parzialmente ammesso le proprie responsabilità” ha dichiarato poi il Procuratore di Pordenone Raffaele Tito. “Gli investigatori della Squadra Mobile stanno sentendo i congiunti e i vicini di casa – ha precisato – e stiamo attendendo gli esiti dell’indagine esterna sul corpo, effettuata dal medico legale. L’autopsia si terrà nei prossimi giorni. Il soggetto ha ammesso di aver colpito la compagna, seppur nel quadro di una presunta colluttazione che è tutta da accertare e non collima con i primi riscontri e il tentativo di depistaggio che ha messo in atto una volta giunto in Questura. In modalità protetta, e con l’ausilio di psicologi, si cercherà di capire se il bambino più grande, che ha 8 anni, ha udito o visto qualcosa di utile all’indagine”. I bambini infatti si trovavano nella stanza accanto a quella dei genitori ma non avrebbero sentito ciò che succedeva perchè stavano dormendo e li ho svegliati io solo più tardi” ha affermato il padre sempre in sede di interrogatorio.

La collaborazione “del soggetto ha permesso di rinvenire l’arma del delitto in un cassonetto – ha concluso Tito – il quadro accusatorio è ben definito, ma servono riscontri scientifici per i quali sono al lavoro gli specialisti”.

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