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Debora Serracchiani capogruppo Pd alla Camera

Debora Serracchiani è la nuova capogruppo del Pd alla Camera con 66 voti. Marianna Madia si ferma a 24.

Lo ha comunicato, a quanto si apprende, il presidente del seggio elettorale Piero Fassino ai deputati Dem.

Hanno votato 93 deputati (tutti gli aventi diritto), di cui 7 su delega. Hanno ottenuto voti: Serracchiani 66, Madia 24. Le schede bianche, nulle o disperse sono state 3.

“Io faccio il rompighiaccio. Ho scelto di proporre due capigruppo donna, che sono due vertici del Pd. Ma in questi giorni ho dovuto combattere contro le critiche di maschi, bianchi, cinquantenni che mi dicevano: due donne pur che sia? “, aveva detto Enrico Letta a Dataroom su Corriere.it. “La situazione del Pd è incrostata di un maschilismo per il rompere il quale c’è bisogno di gesti forti. Quando sono arrivato c’erano undici figure maschili ai vertici. Quando mi hanno chiamato a Parigi per convincermi a fare il segretario ho detto: scegliete piuttosto un segretario donna. C’è bisogno di una cura shock per un sistema anchilosato”.

La contesa in atto tra Madia e Searracchiani “non è un putiferio. Due uomini avrebbero discusso animatamente allo stesso modo. Non è che volano gli stracci perché sono donne. Discutono come avrebbero discusso gli uomini”, dice il segretario del Pd. “Madia e Serracchiani sono due persone molto libere, non ascrivibili a correnti“, aggiunge. “Io avrei usato altri toni”, ammette con riferimento al dibattito in corso tra le due candidate alla presidenza del gruppo alla Camera.

In un partito come il Pd – ha aggiunto – esistono “legittime differenze di pensiero, ma è sbagliato che l’organizzazione delle correnti si sclerotizzi in un’organizzazione che occupa tutti gli spazi del partito”. “La questione delle correnti è sottostante” all’elezione della capogruppo alla Camera. “Credo sia importante ci siano le aree culturali e la libertà all’interno. Serracchiani e Madia sono due persone molto libere, tutt’altro che ascrivibili a questa o quella corrente. E’ un passaggio complicato, il confronto è naturale, io avrei toni meno forti, ma che ci sia una competizione è naturale. Questa sera il gruppo deciderà e chi vincerà avrà poi il sostegno di tutti. Io ho deciso di non intervenire nella decisione perché i gruppi sono autonomi rispetto ai partiti. Il segretario non interviene”.

“Solo poche settimane  fa – ha scritto Marianna Madia in una lettera ai deputati – il nostro Partito ha subito un passaggio grave, le dimissioni di Nicola che denunciava i nostri limiti collettivi. Rimuovere quello che è accaduto, tornare ai soliti modi solo cambiando Segretario è un inaccettabile errore. La leadership al femminile deve essere un’occasione per il partito di cambiare le logiche che lo tengono intrappolato. Se invece lo scopo unico si riduce a portare una donna al vertice, senza cambiare gli equilibri del potere e il rapporto tra leadership e potere perdiamo un’occasione”. 

C’è da ricostruire un sentimento di appartenenza che sembra essersi smarrito nei rivoli di un individualismo e di un particolarismo esasperato e banale. A questo impegno desidero ispirare, se lo vorrete, il mio lavoro con voi. Perché il nostro lavoro è qui, nel Parlamento della Repubblica, dove dobbiamo trovare il modo di far sentire ciascuno di noi protagonista. Dobbiamo in questo senso allargare la partecipazione, lavorare tutti e consentire a tutti di presentare all’esterno il faticoso lavoro svolto”. Lo scrive Debora Serracchiani in una lettera inviata ai 90 deputati del Pd alla vigilia dell’elezione della capogruppo.

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